Entro un anno dalla laurea di primo livello lavorano. Nell’80 per cento dei casi. E non guasta neanche prendersi qualche mese in più o continuare gli studi con master e corsi di specializzazione: il tasso di occupazione tra laureati in Lombardia arriva all’84,7%, bruciando anche la media dei 28 Paesi dell’Unione europea, che si attesta, stando ai dati Eurostat, sull’82,7%.
L’OCCUPAZIONE CONTINUA A CRESCERE, SUPERANDO IL 67%
Certo, stiamo parlando di una regione in cui il tasso di disoccupazione generale nel 2017 è sceso al 6,4%, contro una media in Italia dell’11,2%, e quello di occupazione (si considerano occupati, seguendo la definizione adottata dall’Istat, tutti coloro che sono impegnati in un’attività retribuita, di lavoro o di formazione) al 67,3%, contro una media italiana del 58%, e quindi tutto rientra in un panorama generalizzato di ripresa rispetto alla crisi del 2008. Il dato dell’occupazione dei laureati, però, aggiunge un elemento, ossia che la domanda di lavoratori in Lombardia si sta orientando sempre di più rispetto alla media del Paese, alla ricerca di figure professionali con titoli di studio post-diploma o comunque con elevate qualifiche professionali.
“Da assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro – ha commentato Melania Rizzoli – sono orgogliosa di poter constatare il livello di eccellenza delle Università in Lombardia. La rete dei nostri atenei si conferma estremamente attrattiva per i giovani di tutta Italia che qui trovano percorsi altamente qualificati che sono poi in grado di garantire una rapida occupazione”. “I numeri lo dimostrano: il tasso di occupazione dei giovani laureati lombardi – ha sottolineato l’assessore Rizzoli – supera non solo la media italiana, ma anche la media dei 28 Paesi dell’Unione europea. Si tratta di numeri che indiscutibilmente certificano l’ennesimo primato di questa nostra straordinaria Regione”.
LAUREATO, SÌ, MA ANCHE SODDISFATTO
A guardare poi se la laurea non solo è servita per trovare un lavoro, ma per trovare proprio il lavoro per cui si è studiato, i dati di Almalaurea (che ha realizzato una recente indagine su 19.011 laureati triennali del 2016 che non hanno scelto di proseguire gli studi, contattati dopo un anno dal titolo) confermano che il 55,3% degli occupati considera il titolo molto efficace o efficace. Più nel dettaglio, il 47,6% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite all’università. In generale, in questo caso, dunque laureati senza master successivi, il tasso di occupazione è dell’80,0%, mentre quello di disoccupazione (calcolato sulle forze di lavoro, cioè su coloro che sono già inseriti o intenzionati a inserirsi nel mercato del lavoro) è pari all’11,3%. Tra gli occupati, il 24,5% prosegue il lavoro iniziato prima della laurea, il 22,9% ha invece cambiato lavoro; il 52,5% ha iniziato a lavorare solo dopo il conseguimento del titolo. Il 24,3% degli occupati può contare su un lavoro alle dipendenze a tempo indeterminato, mentre il 41,0% su un lavoro non standard (in particolare su un contratto alle dipendenze a tempo determinato). L’11,9% svolge un’attività autonoma (come libero professionista, lavoratore in proprio, imprenditore, ecc.). Il lavoro part-time coinvolge il 27,5% degli occupati.
“Il sistema delle università lombarde – ha chiosato il vicepresidente di Regione Lombardia e assessore alla Ricerca, Innovazione, Università, Export e Internazionalizzazione delle imprese Fabrizio Sala – da tempo sta dimostrando grande attenzione agli sbocchi occupazionali degli studenti: lo attestano i risultati contenuti in questa ricerca e, ad esempio, la straordinaria partecipazione dei nostri ragazzi ad eventi che promuoviamo con convinzione, come è accaduto per ‘Campus party’. Coniugare innovazione e ricerca al mondo dell’università ci consente di intraprendere e sostenere azioni che agevolano e aiutano gli studenti a fare networking: mettendosi in rete, aprendo start up o avviando piccole imprese, condividono conoscenze e competenze e migliorano la competitività del sistema”.
L’ITALIA PERÒ RESTA INDIETRO RISPETTO ALL’EUROPA
Quanto alla situazione italiana, migliora lievemente la percentuale dei giovani laureati italiani che risultano occupati entro tre anni dal titolo ma il nostro Paese resta molto indietro rispetto all’Europa: nel 2017 – secondo Eurostat – risultavano occupate il 58% delle persone under 35 che avevano terminato l’educazione terziaria a fronte dell’82,7% nell’Ue a 28. Il dato è in lieve miglioramento sul 2016 (57,7%) e in ripresa rispetto al picco negativo del 49,6% del 2014 ma resta comunque il penultimo in Ue, migliore solo di quello greco (54%). In Germania entro tre anni dalla laurea lavora il 92,7% delle persone (86,9% nel Regno Unito). La situazione è ancora peggiore per chi ha solo il diploma, con appena il 42,6% che risulta occupato entro tre anni dal termine del percorso di istruzione (69,7% in Europa a 28). Il dato è ancora più basso se si considerano le persone con un diploma generalista (il 29,5% entro tre anni, quasi trenta punti in meno rispetto alla media Ue).
E I RAGAZZI “NÉ NÉ”? SONO SEMPRE DI MENO
E i ragazzi “né né”? Quelli ormai identificati con l’acronimo Neet, ossia non impegnati né nello studio, né nel lavoro né nella formazione? Siamo di fronte ad un fenomeno che ancora in Italia coinvolge, nel 2017, oltre il 24% della popolazione fra i 15 e i 29 anni, ossia 2.189 mila ragazzi. In Lombardia il fenomeno è più limitato, non arriva al 16%, anche grazie al combinato di scuola, famiglia, territorio e politiche di incentivo al lavoro come Garanzia giovani, il piano europeo per favorire l’inserimento lavorativo di ragazzi fino a 29 anni di età.
In generale, in Lombardia i Neet sono 226 mila (-30 mila rispetto al 2014): sul totale della popolazione fra i 15 e i 29 anni rappresentano, appunto, il 15,9%, contro il 18,2% del 2014.